Smart Working: da emergenza a risorsa. La sfida lanciata da Confartigianato Verona

08/10/2020

Da necessità a… virtù. Lo Smart Working a cui centinaia di imprese, anche medio-piccole italiane, sono state costrette durante il lock down, potrebbe segnare l’inizio di una nuova cultura del lavoro. 
E’ questo il tema centrale del convegno “Smart Working: opportunità per riorganizzare il lavoro?”, tenutosi “in presenza” presso l’Auditorium della Camera di Commercio di Verona ma anche in diretta facebook, con la possibilità per i tanti utenti collegati di intervenire, interagire e porre domande. 

Sul palco, grazie all’organizzazione di Confartigianato Imprese Verona, UPA Servizi e con il contributo di EBAV e Camera di Commercio di Verona, il giornalista Osvaldo Danzi, l’imprenditore Guido Benati, titolare di Printedita, Marco Lai, Docente di Diritto e sicurezza del lavoro, Giulia Rosolen dell’Area lavoro di Confartigianato Imprese Veneto e Michele Adami, Coordinatore del settore Consulenza e Lavoro di Confartigianato Imprese Verona. In platea, tra i tanti imprenditori e artigiani intervenuti, anche il Segretario di Confartigianato Imprese Veneto, Sergio Maset, senza dimenticare il prezioso lavoro di coordinamento e indirizzo svolto dal Segretario di Confartigianato Imprese Verona, Valeria Bosco.

Punto di partenza: sfatare qualche falso mito, dal fatto che in smart working si produca meno o che le piccole-medie imprese abbiano fallito il salto tecnologico/mentale durante il lock down. Dagli interventi dei relatori è invece emerso che le aziende, al di là delle loro dimensioni o attività, hanno utilizzato, eccome, questa modalità, passando dall’1% circa all’8% circa su scala nazionale (Dati Marzo-Aprile, fonte Istat). 

Inoltre, se prima del Covid-19 lo Smart Working era una sorta di privilegio per figure apicali delle aziende, ora è più democratico, è accessibile un pò per tutti i lavoratori. Dopo la fine del lock down, poi, non solo i grandi gruppi – si pensi a Twitter, che ha annunciato lo smart working “per sempre” – ma anche le piccole e medie realtà hanno mantenuto in parte alcuni dipendenti o collaboratori in modalità “homeworking”.

Si tratta di una rivoluzione culturale, un’opportunità da cogliere, anche per settori o mansioni che apparentemente sembrano incompatibili. Ha fatto il giro del mondo la notizia dei minatori cinesi che lavorano da casa, attivando dei robot: il futuro insomma è già oggi, perché in ogni struttura sarà possibile trovare un lavoratore in modalità virtuale.
Certo, ci sono delle sfide aperte: digitalizzare significa investire, allora occorre una politica di contributi statali anche per piccole e medie imprese; lo smartworking del futuro dovrà essere cosa diversa da come l’abbiamo conosciuto in quest’era Covid di distanziamento fisico e sociale tra le persone: la vera mission sarà trasformare il modello remoteworking in uno smartworking che non preveda un distanziamento completo del professionista dalla sede di lavoro, bensì dia la possibilità di conciliarne le esigenze personali/private con le necessità  dell’azienda.

Come e se vinceremo queste sfide non è dato sapere, ma come recita l’hashtag dell’iniziativa – #lemanichenonsifermano – Confartigianato è pronta anche a questa nuova avventura.

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